La crisi pandemica sta facendo realmente emergere criticità della supply chain globalizzata, non immaginate fino a pochi mesi fa. Il cosiddetto “Chip shortage” ha letteralmente messo in ginocchio i grandi produttori di auto, fermando le linee d’assemblaggio, soprattutto per la mancanza di componenti elettronici e batterie provenienti dall’Estremo Oriente. Stellantis e Volkswagen hanno addirittura dovuto sospendere la produzione in alcune fabbriche.
La concentrazione delle forniture di componenti strategici, che in caso di interruzioni, possono causare costosissimi fermi linea, nelle mani di pochi e lontani colossi dell’elettronica di consumo, non potrà più essere accettata dall’industria europea e nord americana, soprattutto del settore automotive.
Un piano di sviluppo comunitario coordinato, nell’Unione Europea, è essenziale per la competitività futura dell’intera filiera automotive ma tutte le singole aziende dovranno pensare dei nuovi piani strategici interni che prevedano forniture equivalenti e sostituibili per tutte le parti di veicoli e prodotti industriali, per evitare impedimenti di fornitura che provocherebbero la perdita di opportunità, di clienti, di fatturato.
Strategicamente la perdita di una vendita di un bene durevole va vista come una pericolosa minaccia perché apre potenziali alternative d’acquisto: se un cliente necessita di una nuova determinata auto, con un tempo di consegna eccessivo, si vedrà costretto, molto spesso, a rivolgersi a marchi concorrenti, cioè alla sua seconda o terza scelta, aprendo scenari competitivi inaspettati, con la perdita della fidelizzazione per la quale si è investito per anni per consolidare la partnership commerciale con i clienti.
Solo in Europa i danni sono ingenti: la Chip shortage ha provocato la riduzione produttiva di un milione di veicoli, nel 2021, rispetto al 2020.
Il settore automotive è particolarmente sotto pressione perché di fatto, per volumi acquistati e qualità dei chip, la sua domanda è considerata di basso livello, secondaria, dai grandi produttori di chip. Rispetto alla carenza globale di microprocessori che investe anche l’elettronica, l’informatica, la telefonia, i computer, le console per videogiochi, la robotica, l’industria automotive arriva per ultima per i colossi produttori di chip. Nelle priorità delle consegne quindi, prima di tutto, i costruttori di microprocessori privilegiano ponderatamente le forniture più ricche, ad esempio, quelle destinate alla telefonia, poiché per gli smartphone sono alla continua ricerca di costosi chip sempre più miniaturizzati e con funzioni avanzate, rispetto a quelli utilizzati oggi sulle automobili, più semplici ed a basso prezzo.
CONCLUSIONI
La Chip shortage è una crisi che si protrarrà nel tempo quindi l’industria dovrà fare scelte strategiche adeguate, con più fornitori in grado di rispondere con soluzioni differenti ed alternative, ad esempio la strumentazione analogica tradizionale riutilizzata da certe case auto al posto dei più attuali cruscotti digitali.
La capacità aziendale di R&D, quella di reagire alla domanda con un time to market breve, la velocità e l’efficacia della validazione di nuovi componenti automotive sarà fondamentale per il futuro, anche per garantire la disponibilità di componenti alternativi per i clienti esistenti ma anche favorire la penetrazione commerciale in nuovi mercati.
L’Unione Europea dovrà fare la sua parte impostando politiche adeguate al settore dei chip, incentivando il #reshoring della produzione, che permetta, almeno entro 5 anni, all’Europa di avere una sua produzione interna. Purtroppo, la complicatissima industria elettronica richiede tempi di messa a punto degli impianti produttivi molto lunghi ed una profittabilità incerta, almeno nei primi anni, condizionata anche dalle soglie minime produttive. L’Europa dovrà diventare più autonoma e meno dipendente da produzioni lontane, focalizzati ad altri clienti e mercati. L’UE si dovrà prendere le sue responsabilità per riequilibrare lo scenario competitivo globale, come nuovo player settoriale, rispetto ai giganti attuali: Stati Uniti, Cina ed Asia in generale, Taiwan in primis.